«La maggior parte dei serial killer non sono dei disadattati sociali che vivono da soli. Non sono dei mostri e non necessariamente presentano segni di “stranezza”. Molti serial killer si nascondono in piena vista dentro le loro comunità, hanno spesso casa e famiglia, esercitano un’attività professionale e sembrano essere normali membri della loro comunità». (FBI, 2008)
Chi è il tipico serial killer? Secondo la sintetica definizione data dal protagonista della nota serie televisiva Dexter, il profilo criminale più comune risponde a questa descrizione: si tratta di un maschio, bianco, single, sulla trentina, emotivamente dissociato. Ma è ancora così?
Per rispondere a questa domanda Lidia Fogarolo ha preso in considerazione un campione di quarantacinque scritture di serial killer, responsabili di un ampio ventaglio di aberrazioni che vanno dallo stupro seriale al cannibalismo.
Questo viaggio guidato nell’inferno della psiche umana, consente di toccare con mano l’eterogeneità di questi soggetti: anche solo sfogliando il testo, si evince con immediatezza l’incredibile diversità delle scritture, e quindi delle personalità coinvolte in questo tipo di reati, che riflette le problematiche esistenziali più disparate.
La ricerca conferma l’impossibilità di identificare una struttura di personalità prevalente, seppure sia possibile riconoscere alcune problematiche ricorrenti, collegate a specifici segni grafologici, che la studiosa tratta, suscitando l’interesse e il fascino per una disciplina – la grafologia – frutto di un articolato lavoro in ambito psicologico.
Lidia Fogarolo ci aiuta – in una riuscita commistione tra sensibilità e rigore scientifico – a guardare dentro l’abisso di nietzschiana memoria, sicuramente inquietante, ma incredibilmente e inspiegabilmente umano.
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